L’itinerario qui proposto riguarda principalmente tre comuni, quello di Canale Monterano, di Vejano e naturalmente quello di Oriolo Romano. Idealmente prosegue il discorso dei territori descritti tra la Tuscia e i Monti della Tolfa (ne abbiamo parlato QUI) e si prefigge l’esplorazione delle interessanti campagne della zona. Si tratta di un percorso non particolarmente difficile, che ho proposto negli anni con innumerevoli variazioni, e quello qui descritto è forse il più esaustivo.
Si parte dalla strada della Mola, a qualche chilometro dalla Stazione ferroviaria di Oriolo Romano, dove c’è uno spiazzo comodo per poter parcheggiare le auto. Da qui si parte, per prendere una strada sterrata che collega i vari fondi e pascoli tra Oriolo e Canale Monterano denominati “Ara del Baccano” e “Pezzo Tufo“.
Si arriva proprio al confine della Riserva di Monterano, in un incrocio che, se impegnato diversamente, porta all’Antico borgo omonimo.
Invece entriamo in uno stradello avendo cura di chiudere la staccionata, in territorio dell’Università Agraria di Canale, scendendo poco dopo sulla sinistra un piccolo sentiero svela lo scenario spettacolare della valle del Mignone, tra grandi massi di ignibriti e un bosco di faggi, assai raro da trovare a nemmeno 400 mt sul livello del mare.
Si segue quella che in origine doveva essere una antica strada romana, forse un diverticolo della Via Clodia. Non lontano esisteva la stazione di posta Forum Clodii, e queste zone erano senz’altro di primaria imprtanza in epoche remote per il controllo del territorio. Infatti quando arriviamo, ci sono i resti di un antico ponte.
Siamo in un luogo dove la pace regna sovrana, conosciuto solo dagli abitanti della zona, qui c’è il fiume Mignone, che disegna in tutto il suo tracciato dalle sorgenti fino al mare il confine ideale tra la Tuscia e il complesso dei Monti della Tolfa, e crea delle pozze suggestive e piene di pesci che qui vivono indisturbati.
A un centinaio di metri più a nord troviamo i resti della Mola della Cava o Ceccarelli, oggi ridotta allo stato di rudere.
E’ perfettamente conservata la camera che conteneva la ruota del mulino, con il canale discendente da dove veniva convogliata l’acqua per azionarla, e il buco sul soffitto da dove passava l’asse verticale che azionava le pietre della mola al piano superiore. L’edificio è allo stato attuale inaccessibile, come ci ricorda un cartello affisso.
Volendo, c’è un secondo sentiero che ci porta nuovamente su una spiaggetta nascosta che affaccia sul Mignone.
Riprendendo la strerrata, riusciamo ad attrraversare facilmente il Mignone che qui viene “allargato” artificialmente per mezzo di un lungo ponte in cemento sul quale scorre l’acqua in maniera irrisoria e che consente un facile passaggio a piedi (o in auto).
Siamo in località “Pontone della Bandita“, passando un cancello entriamo nelle pertinenze di una importante azienda agricola che cura questi posti come fossero un grande giardino. Alla nostra destra le vertiginose rupi vulcaniche che cadono dritte sul Mignone, alla nostra sinistra invece c’è il tipico paesaggio tolfetano: in un solo colpo d’occhio abbiamo di fronte a noi due zone molto diverse e non si può fare a meno di sostare brevemente per contemplarle al meglio.
Bisogna fare attenzione a questo punto, l’itinerario può variare in quanto qui sono presenti mandrie di vacche maremmane. Questa razza di bovini, discendente probabilmente dell’antico Uro del centro Europa, ha un carattere schivo per cui è meglio non disturbarle troppo (per evitare di essere poi “disturbati” noi da loro!).
Ad ogni modo, noi scegliamo l’itinerario più tranquillo che è quello che costeggia sempre il Mignone, seguendo la recinzione, in direzione Nord. Si continua a camminare e ad un certo punto notiamo che il Mignone cede il passo ad un suo affluente, il Fosso Vecchierello, molto caratteristico in quanto scorre nella parte finale su un letto basaltico, sormontato ancora da una imponente rupe. Siamo già nel comune di Vejano e gli affacci che si aprono qui sono assai profondi, panoramici, e in un territorio dove possiamo già notare lievissime attività sulfuree. Le storie della popolazione di Vejano raccontano spesso fatti di contadini e pastori che qualche volta perdevano i sensi per via delle esalazioni, ed anche qui qualche traccia la troviamo: su una curva del fosso vediamo le bolle di gas che fuoriescono dal torrente, e questo ci fa capire quanto possa essere diffusa nel territorio questo tipo di attività vulcanica.
La passeggiata è piacevole, lungo una fitta querceta, fino ad arrivare ad un vecchio casale agricolo ormai diruto che ci fa capire di essere arrivati in località Fontiloro.
Ci sono diverse emergenze archeologiche, are votive, una antica cisterna romana (ormai completamente avvolta dalla vegetazione, si può scorgere giusto qualche tegola sparsa) ma ciò che può sfuggire al visitatore è un cunicolo posto proprio sotto la strada, molto interessante perché probabilmente di origine etrusca.
Ci si dirige di nuovo verso il Mignone, e con una buona conoscenza del territorio si può arrivare ad una antica via cava che ci conduce in quelli che erano i resti di un antico ponte romano che attraversava il fiume.
Noi invece il Mignone lo dobbiamo guadare, ed arriviamo su un “bottegone d’acqua” creato proprio per rendere funzionante il vicino mulino.
Siamo alla Mola di Oriolo, costruita da Giorgio III Santacroce, signore di Vejano, Oriolo e Rota, per favorire l’immigrazione dall’Umbria di pastori e contadini, che qui avrebbero trovato terra in abbondanza. Questi luoghi raccontano di un’epoca forse (con le dovute cautele del caso) felice per gli abitanti della zona, che qui potevano godere di contratti in enfiteusi assai vantagiosi, come nella vicina Manziana. Ancora oggi la “presenza umbra” è presente ad Oriolo sia nel dialetto che in alcuni cibi locali.
Vicino all’imponente mulino troviamo la polla di una delle più importanti solfatare della zona, e ce ne sono diverse intorno, se si presta attenzione, anche nell’alveo del fosso del Biscione.
Di recente l’area è stata riconosciuta come Monumento Naturale, e l’Università Agraria di Oriolo l’ha attrezzata con tavoli da picnic.
Risalendo la strada che ci porta al parcheggio iniziale, troviamo resti dell’antica strada romana, diverticolo della Via Clodia, che probabilmente utilizzava il ponte che avevamo visto poco prima. La Via Clodia, edificata dai romani nel III secolo a.C., congiungeva Roma con le più importanti stazioni termali.
DIFFICOLTA’ PERCORSO: Escursionistico (E – riferimento alla tabella CAI al link https://it.wikipedia.org/wiki/Escursionismo#Italia ) LUNGHEZZA PERCORSO: 15 km DISLIVELLO: 500 mt DURATA PERCORSO: circa 7 ore + pausa pranzo PRESENZA GUADI: si
Si specifica che tutta l’area è in proprietà private, e in molte di esse l’accesso è interdetto senza autorizzazione.
Per le uscite programmate su questa località, che vengono proposte almeno una volta l’anno, invitiamo a cliccare QUI
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Testo di Davide Cutugno. Foto di Davide Cutugno. Si ringraziano l’Università Agraria e le diverse proprietà. E’ vietata la riproduzione anche parziale di questo articolo e delle fotografie in esso contenute, senza autorizzazione.